Percorso guidato

La fiera di Verona in Cittadella

Autore

Michele De Mori

Il monastero di San Daniele

Situata in contrata Santa Croce, l’area dove si installerà la prima sede della fiera di Verona, a causa della sua morfologia, era soggetta a continue inondazioni. Posta all’esterno delle mura comunali, a causa della presenza dell’Adige e dell’Adigetto, la zona si presentava molto umida, comportando gravi problematiche ai fabbricati presenti.
I documenti ci narrano che nel 1281 un certo nobile Tommasino, su incarico della moglie di Alberto I della Scala, Verde dei Conti Salizzole, iniziò l’acquisizione degli edifici e dei terreni limitrofi per costruivi un ospedale per i poveri in onore alla Madonna e a San Daniele.
Il complesso, gestito dalle monache Benedettine rimase in attività fino alla seconda metà del Settecento quando venne abbandonato a causa del grave stato di conservazione degli immobili e della generale insalubrità dei luoghi. La proprietà passò quindi ai privati, così come ci descrive il Da Persico nel 1820: «[…] è pure fiorito e colto l’orto del sig. Biadego, che fu del monastero di San Daniele, soppresso da Veneziani, e vi è tenuto ad ogni maniera di erbaggi. Le frutte, principalmente le pesche, ne vengono assai saporose e grosse».
Nel 1830 l’allora proprietaria Angela Busti richiese alla Commissione d’Ornato l’autorizzazione per restaurare le case e «per ridurre la facciata della internamente distrutta chiesa uniforme all’esterno delle case contigue». Scomparve così la chiesa di San Daniele - che nel sec. XVII era stata rimodernata - per unificarne l’edificio ai fabbricati vicini. Grazie a questa richiesta, e al relativo disegno allegato, ci è possibile ricostruire il fronte principale dei caseggiati prospettanti sull’attuale via del Pontiere (al tempo via Cappuccini).
Con l’attivazione del Catasto Austriaco nel 1849 la proprietà risulta intestata alla Casa di Ricovero di Verona, insieme a decine di altri immobili cittadini. Nello specifico, l’area dell’ex monastero viene definito come «Casa che si estende anche sopra la strada pubblica» (mn 3907), «Ortaglia adacquatoria» (mn 3908) e «Casa colonica» (mn 3909).

La Fiera di Verona

Verso la fine dell’Ottocento, il Comune di Verona si trovava nella necessità di realizzare nuovi e moderni servizi per la città e, già dal 1892, si stata discutendo dell’acquisto della vasta area dell’ex orto Biadego proprio per questo fine. Si ipotizzava, infatti, «la costruzione di un bagno pubblico, per aggiungere nuova area all'Istituto derelitti e per la costruzione del mercato del bestiame».
Nella seduta del Consiglio Comunale del 7 dicembre 1894 venne deliberato l’acquisto dell’area che si estendeva per più di due ettari e mezzo. Tra gli immobili oggetto della compravendita vi era anche un «follo da panni e molino da vallonea», poi trasformato in «segheria per marmi» situato lungo l’Adigetto e addossato alle mura comunali (mn 3905). L’atto di rogito fu stipulato il 13 aprile 1895.
All’epoca, l’idea di istituire una fiera cavalli a Verona non si era ancora sviluppata; si stava, invece, imbastendo quanto necessario per  stabilire in città un mercato del bestiame allo scopo di favorire il commercio cittadino. Mercato che prese avvio nell’aprile del 1897 come ci racconta il segretario comunale Gualtiero Fassio.

«Il mercato bovino fu da principio mensile e fissato al secondo lunedì di ogni mese, per evitare la contemporanea ricorrenza degli altri mercati nei vari paesi della provincia, almeno più prossimi alla città, scegliendo intanto come località provvisoria la Piazza Cittadella per la sua posizione eccentrica e adatta ad un primo esperimento.
Per favorire l’istituzione si esonerarono gli accorrenti da qualsia tassa di posteggio e si somministrò alle bestie gratuitamente il foraggio per tutta la durata del mercato. Per facilitare l'accorrenza anche di negozianti e proprietari di altre provincie si fornì al loro bestiame oltreché il foraggio anche il ricovero.
Il mercato mensile fu inaugurato nel secondo lunedì di aprile del 1897 con una Fiera-Esposizione.
Visto il grande successo, in breve tempo Il progresso continuo del mercato e la sua ormai sicura affermazione decisero l'Amministrazione a trasformarlo da mensile a quindicinale per soddisfare le esigenze del pubblico».

Al mercato del bestiame accorreva anche un elevato numero di cavalli; osservazione, questa, che portò l’Amministrazione a proporre, in via sperimentale, l’istituzione di una fiera franca dedicata agli equini.
L’esperimento, effettuato nei giorni 11, 12 e 13 ottobre 1897 in Piazza Cittadella e nelle aree adiacenti, prendendo a noleggio tettoie in legno, diede ottimi risultati. Si iniziò, quindi, a pianificare di istituire in via stabile una fiera semestrale di cavalli, da tenersi nei mesi di marzo e di ottobre. Era necessario identificare un luogo idoneo dove poter installare un sufficiente numero di scuderie. Inizialmente fu ventilata l’ipotesi di utilizzare l'ortaglia del barone Weil-Wess retrostante il suo palazzo sul corso Porta Nuova, e fronteggiante la chiesa delle Stimate. Ma, vista l’impossibilità di utilizzare tale spazio, in seconda battuta, venne identificata l’ortaglia Biadego, da pochi anni entrata nelle proprietà comunale.

I primi edifici

Per attuare il programma di costruzione del nuovo campo fiera fu dato incarico all’ufficio tecnico comunale di predisporre il progetto, seguendo il piano d'opera approvato dal Consiglio Comunale nella seduta del 28 dicembre 1897. Questo prevedeva: la demolizione di parte dei vecchi fabbricati del vecchio convento per creare un nuovo accesso; la costruzione di 27 scuderie capaci di ospitare 24 cavalli l’una; la trasformazione dell’ortaglia in piano adatto; i servizi necessari di fognatura e di approvvigionamento idrico.
Il cantiere del primo lotto dei lavori, progettati dall’ingegnere capo municipale Arminio Righetti - che prevedevano la costruzione di 13 scuderie e le demolizioni necessarie per creare i varchi di ingresso - prese avvio il 10 gennaio del 1898 per mano dell’impresa edile di Angelo Tosadori.
Pochi mesi più tardi, nel giugno dello stesso anno sempre l’impresa Tosadori fu incaricata di procedere con il secondo lotto dell’intervento. Fu così demolita un'altra porzione dei fabbricati prospicenti via del Pontiere, realizzate altre 12 scuderie e predisposta la pavimentazione ed i necessari servizi.
Un terzo lotto dei lavori, appaltato sempre all’impresa Tosadori nel dicembre del 1898 portò alla realizzazione di un ingresso secondario nelle vicinanze del ponte Aleardi. Per questo nuovo ingresso si rese necessario la demolizione di una porzione del bastione del Crocefisso e la costruzione di un ponte sull’Adigetto. Nel varco di ingresso fu posizionato un’ampia cancellata in ferro.
Complessivamente, le scuderie costruite nel corso del 1898 furono 25 per un totale di ben 544 cavalli che vi potevano esser ospitati.
Il sempre maggior successo della fiera portò alla realizzazione, durante il 1899, di tre ulteriori grandi scuderie poste a sud-ovest del campo, formanti un unico corpo di fabbrica, capaci l'una di 50, l'altra di 20, la terza di 16 cavalli.
L’ampliamento del campo proseguì senza interruzioni: nel 1900 furono costruite nuove tettoie e scuderie; nel 1901 altre 11 strutture.
Le scuderie stabili costruite a tutto il 1902 potevano contenere fino a 730 cavalli, un numero però che non riusciva a coprire l’ampia domanda di stazionamento di cavalli di lusso che si presentavano specialmente nella fiera di marzo.
Nello stesso anno i servizi del campo furono ulteriormente ampliati con la costruzione, lungo il lato rivolto all’Adige e previa demolizione del vecchio edificio rurale presente, di un ampio edificio che fungeva sia da palestra di ginnastica e scherma nel corso dell’anno sia da ristorante durante il periodo di fiera.
L’anno successivo fu approvata la costruzione di una cancellata in legno per la chiusura dell’accesso principale del campo fiera rivolto su via del Pontiere.
Con la fine del decennio, dopo dodici anni di attività, la fiera di marzo aveva portato a Verona circa 5.000 cavalli, generando un giro d’affari per oltre sei milioni di Lire, raggiungendo un importante consenso sia nazionale che estero.

Il palazzo di ingresso

La continua crescita della fiera portò alla necessaria rimodulazione dell’ingresso poiché «le indecorose casette, di proprietà comunale, che ne fiancheggiavano l'entrata contrastavano con la grandiosità del parco delle scuderie». Il tema fu affrontato dall’Amministrazione guidata da Eugenio Gallizioli (1909-1914) che incaricò l’ufficio tecnico comunale, diretto dall’ing. Alfonso Modonesi di redigerne il progetto. Modonesi (1873-1922), di origini bolognesi, era giunto a Verona nel 1910 dopo aver vinto il concorso per il posto di ingegnere capo dell'Ufficio tecnico municipale scaligero, dove rimase fino alla sua prematura scomparsa nel 1922.
Il progetto venne presentato al Consiglio Comunale - ed approvato - nella seduta del 21 dicembre 1914, il cui resoconto ci lascia una esauriente descrizione dell’opera.

«Il progetto di costruzione dei due fabbricati d'ingresso tiene conto:
a) della distribuzione simmetrica (rispetto all'asse longitudinale del piazzale interno) di due corpi principali di fabbrica, di cui quello a destra (guardando l’ingresso al campo) costituisce un solo edificio isolato, mentre quello a sinistra, eguale al primo, è seguito da una appendice di importanza architettonica inferiore.
b) della normalità della loro fronte.
c) della opportunità da adibire, in parte, il fabbricato più piccolo, e anche il più centrale rispetto all’intero campo, quello di destra, ad uso uffici per la fiera e ad abitazione del direttore e del custode, riservando invece l'altro più grande ad uso affittanze estranee ai servizi dipendenti dal Comune.
Fra i due fabbricati a cui si è data una impronta decorosa senza eccesso di decorazione architettonica e mantenendo le altezze interne dei piani, quelli di comune abitazione, si apre lo spazioso ingresso al campo mantenuto a metri 30 come l'attuale, colla differenza che tale lunghezza è stata suddivisa in due ingressi pedonali coperti, di metri 4.80, adiacenti ai fabbricati e che servono di atrio d'ingresso altresì alle abitazioni e agli uffici - e in tre ingressi per veicoli ed animali di metri 3,60 ciascuno - con piloni intermedi di metri 1,20. Con tale distribuzione viene regolata assai meglio la circolazione d'ingresso ed uscita, sia dei pedoni che degli animali o veicoli in genere.
L'attuale cancellata in legno, che ora veniva tolta completamente ad ogni fiera, viene sostituita da tre robusti ed eleganti cancelli in ferro, i quali quando dovranno restare completamente aperti non ostacoleranno punto la circolazione, essendosi studiato un opportuno sistema di doppi piloni che determinano tre corsie, senza che i cancelli abbiano a sovrapporsi od in alcun modo rendere antiestetica la loro presenza nella posizione di libero passaggio».

L’opera rimase però sulla carta senza essere realizzata, lasciando l’ingresso del campo fiera in condizioni precarie. La fiera cavalli stava riscuotendo un successo sempre crescente, tanto che l’edizione del 1924 fu inaugurata alla presenza di S.A.R. il Principe Ereditario e con la partecipazione dell’on. Alberto de Stefani. Inoltre, la successiva edizione fu ufficialmente riconosciuta ai sensi del R.D. 10 dicembre 1923 n. 2740 che permetteva importanti agevolazioni economiche.
Si rendeva, quindi, sempre più necessario, provvedere al nuovo ingresso.
A più di dieci anni dalla sua redazione, l’Amministrazione Comunale Fascista ripropose il progetto dell’ing. Modonesi all’approvazione del consiglio comunale nel maggio del 1926 e, una volta approvato, diede immediato avvio ai lavori.
La costruzione del palazzo di ingresso fu divisa in due lotti: il fabbricato di sinistra con la cancellata centrale - da terminare entro il marzo dell’anno seguente - e la porzione di destra. Nella prima, al piano terra erano previsti dei locali per accogliere i servizi della fiera e l'ufficio cambi, oltre ad un caffè, un ristorante ed alcuni negozi. I piani superiori erano adibiti ad uso alloggi da affitto.
I lavori del primo lotto furono appaltati alla Società Edilizia Padovana e iniziarono nel novembre 1926. Il loro svolgimento fu molto rapido ma non tanto da riuscire a completare il fabbricato per la fiera di marzo del 1927. Le opere si conclusero, infatti, solo a novembre.
Il 1927 è ricordata come una delle date più significative per la fiera veronese. Sia per la presenza di S.A.R. il Principe di Piemonte ma, soprattutto, perché con Regio Decreto 7 Aprile 1927 n. 515 la Fiera Cavalli fu riconosciuta quale Fiera Nazionale dell'Agricoltura, decritta dal motto «tutto ciò che serve all'agricoltura tutto ciò che l'agricoltura produce».
Infatti, già da diversi anni, essendo in marzo il periodo nel quale gli agricoltori iniziavano l'annuale campagna per la coltura e per i raccolti, durante la manifestazione numerosi commercianti e costruttori di macchine agricole presentavano le loro merci al pubblico, rendendola così, di fatto, già una vera e propria fiera agricola.
Il 28 novembre 1927 venne appaltato alla ditta Bertucco Giuseppe la costruzione del corpo di destra, sempre seguendo fedelmente il progetto redatto quasi quindici anni prima dall’ing. Modonesi. I lavori si conclusero il 9 agosto 1928. Qui, al piano terra, trovarono sede la direzione della Fiera e altri uffici amministrativi; il piano superiore, come per il fabbricato di sinistra, era adibito ad appartamenti da affitto.
Il sempre maggiore sviluppo della Fiera, che ricordiamo era ancora gestita direttamente dal Comune di Verona, portò alla fondazione di un Ente Autonomo dedicato, riconosciuto con R.D. 30 ottobre 1930 n. 1464.
Durante il Ventennio la Fiera arrivò ad occupare tutta la struttura delle Caserme del Pallone, compresa la Gran Guardia ed estendendosi anche sull’intera via del Pallone, Piazza Bra e Piazza Cittadella.

Il trasferimento in ZAI

Sarà la Seconda Guerra Mondiale ad interrompere questa l’importante sinergia tra la Fiera ed il centro storico di Verona che durava da quasi mezzo secolo. La zona della Cittadella subì, infatti, gravissimi danni provocati dai bombardamenti alleati; danni che interessarono anche il campo fieristico, in particolare le scuderie a nord.
I diversi danneggiamenti subiti, uniti alla necessità di una nuovo e più razionale sviluppo della sede fieristica saranno alla base del trasferimento della struttura nella zona sud della città, occupando quello che precedentemente era il IV autocentro militare.
Lasciato libera, dopo 50 anni di attività, il vecchio campo fu ritenuto idoneo per ospitare la nuova sede degli uffici finanziari del Ministero delle Finanze.
Il grande complesso direzionale fu costruito nel 1966 su progetto dell’architetto Libero Cecchini, segnando così la conclusione di un’era.
Il glorioso passato dell’area è oggi fortunatamente ancora testimoniato dal palazzo di ingresso alla Fiera che venne salvaguardato quale importante valore storico architettonico, nonché testimoniale della città di Verona.
Valore riconosciuto ufficialmente anche con Decreto Ministeriale del 30 settembre 2013 che ne impose il vincolo di tutela monumentale ai sensi dell'art. 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.